LA CARBURAZIONE
Avete mai provato a smontare un carburatore?
Se lo avete fatto, sarete certamente rimasti sorpresi dalla complessità della struttura sia interna che esterna fatta di gusci, vitine, parti mobili, membrane, guarnizioni, molle, uno spillo che si infila in un buco attentamente calibrato... il tutto molto complicato se messo a confronto, ad esempio, con la grezza semplicità dell'insieme pistone-cilindro.
Il motivo di tale architettura è presto spiegato: al carburatore spetta il difficile compito di alimentare il motore nel modo migliore possibile e (in collegamento con l'impianto di accensione) di farlo funzionare perfettamente anche in condizioni critiche.
Innanzitutto cominciamo col chiarire che non solo i motori a 2 tempi funzionano a miscela, ma anche quelli a 4 tempi.
Nei motori a 2 tempi la miscela è formata da benzina + olio e aria; in quelli a 4 tempi è formata solo da aria e benzina ma sempre di miscela si parla, come si legge sui manuali di tecnica motoristica.
La corretta proporzione tra questi due elementi determina quella che tutti conosciamo come CARBURAZIONE.
Per capire di cosa stiamo parlando, dobbiamo introdurre il concetto di RAPPORTO STECHIOMETRICO, che consiste nella quantità di aria e benzina miscelate insieme e inviate nella camera di scoppio.
NEL CASO DI MOTORI A BENZINA IN CONDIZIONI DI FUNZIONAMENTO NORMALE IL VALORE IDEALE È DI 14.7 a 1
In altre parole e semplificando molto il discorso, servono 14,7 grammi di aria per bruciare completamente 1 grammo di benzina.
Se il rapporto si discosta da quello ideale parleremo rispettivamente di:
Nel caso si verifichi una situazione al di fuori di questo pur ampio intervallo, il motore non riesce a funzionare.
La carburazione perfetta (ottenuta come detto con un rapporto costante tra aria e benzina di 14,7 parti ad 1 ) è però del tutto teorica, perché essa è determinata una miriade di fattori che possono anche sommarsi tra di loro producendo effetti contrastanti.
I due principali fattori ESTERNI ( potremmo dire ambientali) che alterano il perfetto rapporto stechiometrico aria-benzina sono:
Circa la PRESSIONE ATMOSFERICA/UMIDITÀ basta ragionane su un fatto molto banale per capire come la carburazione perfetta sia una utopia.
Se ad esempio partissimo per una gita su un percorso pianeggiante con il sole pieno e tornassimo sotto la pioggia battente avremmo viaggiato all'andata con una pressione barometrica certamente vicina ai 1100millibar (alta pressione = bel tempo) ed al ritorno con una pressione di circa 900millibar (bassa pressione = brutto tempo) e certamente in condizioni di umidità molto diverse.
Ritenendo di non aver modificato nel frattempo la quantità di benzina tramite la vite di regolazione del carburatore (cosa che evidentemente nessuno farà mai durante una gita), avremmo viaggiato all'andata con una miscela un po' più "magra" ed al ritorno con una un po' più "grassa" (sempre ampiamente nei limiti indicati in precedenza e probabilmente senza neppure accorgersene)
La cosa si sarebbe complicata ulteriormente se avessimo raggiunto un alto valico alpino.
Il DISLIVELLO tra partenza ed arrivo può essere un fattore molto importante per la carburazione e la cosa era ben nota a chi ha gareggiato nelle "CORSE IN SALITA" che un tempo si svolgevano un po' dappertutto e che ora sono state bandite a causa della loro estrema pericolosità.
Quando, molti anni fa, andavo a vedere la Garessio-San Bernardino (moto) o la famosa Cesana – Sestriere (auto) ero affascinato dal lavoro dei meccanici che, a motore ben caldo, regolavano con cura maniacale la carburazione dei mezzi impegnati ascoltando il motore, controllando più volte il colore delle candele, perfino annusando con aria assorta i gas di scarico... e trovando alla fine un ragionevole compromesso tra le diverse opzioni e sperando che nel frattempo non cambiassero rapidamente le condizioni atmosferiche.
Che rapporto c'è tra carburazione e dislivello?
Immaginando di partire con una carburazione perfetta dal livello del mare (o poco più in alto), ci troveremo all'arrivo della salita con una miscela molto più grassa della precedente a causa della rarefazione dell'aria che si ha normalmente in alta quota.
Attenzione: è sbagliato parlare di "rarefazione dell'ossigeno".
In alta quota è l'aria che è rarefatta, non l'ossigeno: infatti la percentuale dei suoi principali costituenti (in particolare azoto e ossigeno) non subisce variazioni per molti chilometri.
In condizioni normali ed alle quote raggiungibili su strada con veicoli a motore (anche sui più alti valichi Himalayani) l'ossigeno nell'aria è sempre presente con una percentuale di circa il 21%.
Tra i fattori INTERNI (alla moto) che possono determinare problemi alla carburazione, il più rilevante è senz'altro lo stato del filtro dell'aria.
Se particolarmente sporco od intasato, si opporrà al passaggio del gas atmosferico molto di più di un filtro nuovo o pulito, facendo risultare la miscela aria – benzina più grassa, riducendo anche se di poco le prestazioni della moto ed aumentandone il consumo.
Per rendere meno sensibili le variazioni di carburazione e far "respirare" meglio il motore, i progettisti hanno ideato scatole-filtro di grandi dimensioni: facendo in questo modo, l'aria che entra nel carburatore è pulita, priva di nocive turbolenze ed in quantità pressoché ideale.
Quindi, se dovete mettere mano alla carburazione ispezionate prima il filtro (per capire se va sostituito) e relativa cassa, controllando anche le fascette, tutte le giunzioni e i tubi di sfiato/ricircolo per verificare se ci sono "spifferi" indesiderati.
Sul sito ci sono decine di pareri sui filtri dell'aria, in alcuni casi con colorite espressioni di chi ne ha montati alcuni modelli trovandosi magari a 2000 metri di quota con la moto apparentemente defunta...
Per evitare querele dalle Ditte produttrici di prodotti aftermarket, io suggerisco la cosa più ovvia: se dovete sostituire il filtro dell'aria, non c'è nulla di meglio di quello originale.
Una Casa come la Honda mette sul mercato motociclette che sono state provate per molti mesi e per migliaia di chilometri da diversi collaudatori: quindi ogni componente è stato testato in modo molto approfondito in tutte le condizioni di utilizzo.
Il filtro originale è un po' più caro, ma state certi che non vi darà problemi di nessun tipo.
Un filtro di altra origine può dare invece qualche grattacapo semplicemente perchè la struttura microscopica del materiale filtrante può essere molto diversa (anche se apparentemente simile) da quella scelta a suo tempo dal costruttore.
Modificare in modo avventato uno solo dei tanti parametri coinvolti in certi meccanismi complessi può generare effetti imprevedibili o, se preferite, richiedere la contemporanea modifica di tutti i fattori collegati per ripristinare il corretto funzionamento del meccanismo stesso.
Questa regola generale è ben conosciuta da chi, ad esempio, elabora le moto di serie per farne un utilizzo agonistico: se incrementiamo di 20 CV la potenza di una moto dovremo contemporaneamente pensare di migliorare i freni, la catena e... sperare che il telaio sia strutturalmente adeguato a reggere le nuove e più forti sollecitazioni (per le quali evidentemente non è stato progettato).
Tornando alla carburazione, un esempio chiarirà meglio il concetto: se su una moto mettiamo un filtro la cui permeabilità è nettamente diversa da quella dell'originale (come ad esempio quelli da competizione, che consentono un più agevole e quindi massiccio passaggio dell'aria) potrebbe essere necessario non solo rivedere la carburazione ingrassandola a dovere per rimettere a punto il rapporto stechiometrico, ma anche la dimensione del "getto del massimo" e l'anticipo di accensione.
E la cosa sarà ancora più evidente se il filtro lo elimineremo del tutto.
Ne vale la pena? E sarebbe poi un reale passo in avanti?
Il fatto è che un filtro... deve filtrare (come dice Paolo), soprattutto su moto come il Dominator che per vocazione dovrebbero ogni tanto mettere le ruote su qualche polveroso viottolo di campagna!
Ricordiamoci poi che la nostra amata ma vecchiotta (almeno dal punto di vista progettuale) cavalcatura non è dotata né di iniezione, né di sonda-lambda né di sofisticate centraline elettroniche in grado di modificare istantaneamente la mappatura a seconda delle varie situazioni.
Risparmiare 20 euro ogni 18.000 chilometri compensa l'incavolatura per una gita rovinata da una moto che singhiozza, sputacchia o si spegne?
Ognuno della propria moto può farci quello che vuole, è ovvio: ma è meglio fare attenzione a certe modifiche dettate magari dalla ricerca di maggiori prestazioni.
La candela non ha invece alcuna influenza diretta sulla carburazione poiché si trova a valle del carburatore e quindi non è responsabile delle variazioni stechiometriche.
Al massimo, se vecchia e da sostituire, determinerà un calo delle prestazioni ed un maggior consumo di carburante.
Ma proprio perché la candela si trova in quella posizione ci potrà essere utile per valutare la carburazione in modo molto pratico, controllandone il colore dopo averla smontata.
Al contrario di quella grassa, una miscela troppo magra può essere estremamente dannosa per il motore.
Senza addentrarci in complicati e noiosi concetti di fluidodinamica, basti ricordare che i cosiddetti "gas freschi" al loro ingresso nella camera di scoppio svolgono una salutare opera di istantaneo raffreddamento e lubrificazione proprio grazie alla presenza della benzina, che nel carburatore è stata dispersa come aerosol (in gergo "polverizzata") nell'aria proveniente dal filtro.
Venendo a mancare la giusta quantità di combustibile, la temperatura nella camera di scoppio si innalza provocando talvolta fenomeni di detonazione o pre-accensione che si scaricano sul cielo del pistone (causandone perfino la foratura) con effetti imprevedibili ma potenzialmente dannosi anche sulla biella, sullo spinotto e perfino sui cuscinetti di banco.
È chiaro che questi effetti disastrosi non sono immediati, ma possono avvenire se viaggiamo a tutto gas e per molti chilometri.
Per chi vuole altre utili informazioni, in molte sezioni del forum si trovano interessanti articoli sullo smontaggio, revisione e messa a punto del carburatore.
Consultando invece il MANUALE DI OFFICINA HONDA 1988 nella sezione 4 "Sistema di alimentazione" si scopre che gli unici dati a disposizione sono quelli di "dare due giri e mezzo in apertura partendo dal tutto chiuso alla vite-pilota" (indicata col n° 18), che i getti del massimo e del minimo sono rispettivamente da 155 (in Italia) e 48 e che il livello del galleggiante è di 18,5mm.
IL CONSUMO DI CARBURANTE
Un recente topic di un iscritto al sito chiedeva notizie sul consumo di benzina medio della propria moto, ricevendo peraltro risposte abbastanza vaghe o scherzose.
Il fatto è che determinare con precisione il consumo di un qualsiasi mezzo a motore è estremamente complicato se non addirittura impossibile: vediamo perché.
Sfogliando le riviste di settore, si nota che trattando questo argomento si devono citare almeno tre dati:
Queste informazioni sono sempre frutto (anche per le Case costruttrici) di lunghissimi test su strada svolti su percorsi fissi e che devono rispondere a precise caratteristiche.
IL CICLO URBANO è caratterizzato da molte soste ai semafori; bassissima velocità media di percorrenza; uso del cambio prevalentemente nelle marce basse; arresti e ripartenze ravvicinate nel tempo.
Si tratta del test che definisce sempre i consumi più alti, se pensiamo ad esempio alle molte soste o in coda a motore acceso.
IL CICLO EXTRAURBANO prevede percorsi misti, ricchi di curve; velocità di percorrenza media dovuta a decelerazioni ed accelerazioni non estreme; uso del cambio prevalentemente nelle marce intermedie; soste brevi e comunque in numero non significativo.
Questo test definisce sempre consumi inferiori al precedente
IL CICLO AUTOSTRADALE prevede una lunga percorrenza a velocità elevata (ma non quella massima), su un percorso pianeggiante; uso prevalente della marcia più alta.
Questo ciclo di norma fornisce dati di consumo di poco superiori a quelli del ciclo extraurbano.
Il fatto è che, pur essendo credibili, i dati forniti dalle Case non tengono conto di una ulteriore lunga serie di fattori che possono influenzare il consumo di carburante.
Alcuni li abbiamo già visti nella parte precedente (filtro aria sporco, candela non efficiente al 100%, carburazione imperfetta), ma ne esistono molti altri:
Di tutti i fattori citati, il più importante per l'aumento o la riduzione del consumo di carburante è certamente lo STILE DI GUIDA
Molti anni fa, appena patentato, il sabato mattina rapinavo l'auto di famiglia per andare all'Istituto A. AVOGADRO, dove mi sarei diplomato nel 1973 "Perito meccanico disegnatore-motorista".
Il più delle volte però (ebbene si, lo confesso), invece di entrare a scuola caricavo un paio di compagni ed andavamo a trovare i miei nonni che allora abitavano ai piedi della collina torinese.
La istintiva voglia di correre, tipica dell'adolescenza, era purtroppo bilanciata da una cronica mancanza di denaro per cui adottavo tutta una serie di tecniche per consumare il meno possibile e non dover riconsegnare a mio padre l'auto con un drastico calo di carburante o peggio "in riserva".
Partendo da fermo, ad esempio, tenevo per qualche metro la "prima" e poi... mettevo la "terza" fidandomi del "tiro ai bassi" assicurato dal tranquillo 4 cilindri della FIAT 124; in vista di un semaforo rosso, toglievo la marcia e rallentavo in folle, fermandomi solo con i freni (che nessuno avrebbe mai controllato) ed in vista di un semaforo verde, valutavo se sarebbe diventato rosso nel frattempo, costringendomi a scalare per fermarmi.
Inutile dire che all'epoca non ho mai preso multe per eccesso di velocità...
Guidavo con una tale leggerezza sul pedale dell'acceleratore che quando tornavo a casa verso le 13 la lancetta della benzina non si era neppure mossa: sembrava... inchiodata.
Senza arrivare a questi eccessi, lo stile di guida è davvero l'elemento più importante per capire se il pieno ci basterà per la solita scampagnata domenicale o saremo costretti ad una sosta dal benzinaio.
Un vecchio adagio dice che "il motore che consuma (e inquina) meno è quello spento"...
Scherzi a parte, chiedersi come ottenere il minor consumo ha poco senso se non lo mettiamo in relazione alla velocità con la quale ci muoviamo ed alla quantità di strada che percorriamo.
In altre parole: andando molto piano certamente si consumerà poco ma si farà anche pochissima strada.
E allora? Allora bisogna introdurre un concetto di meccanica che ci svelerà qualche segreto: il concetto di "regime di coppia massima".
IL REGIME DI COPPIA MASSIMA
Ogni motore che viene testato su un banco dinamometrico esprime due curve caratteristiche, entrambe importanti per valutarne il funzionamento: la CURVA DI POTENZA e la CURVA DI COPPIA.
Se avete qualche volta sfogliato le riviste di settore, facilmente vi sarete imbattuti in questi due diagrammi dall'andamento caratteristico: qui sotto trovate i diagrammi del Dominator mod. 1995 pubblicati da "Motociclismo" sul numero di giugno dello stesso anno a corredo della prova su strada.
La CURVA DI POTENZA (colorata in rosso) rappresenta la quantità di cavalli (CV) o kiloWatt (kW) che un motore eroga ad ogni regime di rotazione (rpm o giri-motore).
Per la nostra trattazione questa curva non è molto importante ma può essere interessante osservare che nel Dominator la potenza cresce in modo molto lineare con il massimo a circa 6000 giri, mentre il motore può "allungare" fino ad oltre 7000 (infatti il contagiri posiziona la zona rossa a 7500).
La CURVA DI COPPIA colorata di azzurro ha come unità di misura il Newtonmetro (Nm) o il chilogrammetro (kgm) ed esprime il "momento meccanico" applicato dal motore ad una trasmissione: come si vede, essa varia con l'aumento dei giri del motore raggiungendo il valore massimo ad un determinato regime di rotazione per poi calare progressivamente.
Nel Dominator il diagramma di coppia ha l'andamento caratteristico dei motori poco "spinti": fino a 3000-3400 rpm la curva è bassa e quindi la coppia è piuttosto scarsa, ma da questo regime in poi la curva si innalza rapidamente mantenendosi su buoni livelli per un ampio intervallo con un leggero picco attorno ai 5200 giri.
Attorno a questo valore (REGIME DI COPPIA MASSIMA), si ha il miglior rendimento termodinamico del motore e di conseguenza il minor consumo (relativo) di carburante.
Quindi, se volete fare tanta strada viaggiando "abbastanza veloci" e consumando "relativamente poco", mettetevi in quinta a 5000-5200 giri e non tirate mai oltre questo regime le marce inferiori.
Una considerazione interessante è che con il rapporto di trasmissione finale di serie a 5200 giri in quinta si viaggia a circa 130kmh (indicati), cioè il limite di velocità autostradale.
GPM55
A completamento dell’articolo credo sia opportuno chiarire meglio ciò che si intende perCONSUMO SPECIFICO e CONSUMO ASSOLUTO di carburante.
Come detto in precedenza, la curva del consumo specifico ha il suo punto più basso in corrispondenza del punto più alto della curva “di coppia”: ciò significa che, a quel determinato numero di giri, il rendimento termodinamico del motore è massimo.
Ma attenzione: questo non significa che la moto a 5000giri consumi il meno possibile, ma semplicemente che il motore frulla al regime nel quale la benzina viene utilizzata nel modo ottimale!
Infatti un dato certamente più interessante ed utile (soprattutto per il portafogli) è quello del CONSUMO ASSOLUTO.
Sulle riviste specializzate e sui depliant questo dato lo si trova generalmente espresso in due modi:
1) il consumo in litri per percorrere 100 chilometri
2) i chilometri percorsi con un litro di benzina.
Nel primo caso, un veicolo col serbatoio pieno percorre 100 chilometri su strade di tipologia diversa e al termine si misura quanta benzina è stata consumata (ad esempio 5 litri x 100km).
Spesso attorno alle grandi città si vedono (su pali e segnali stradali) cartelli con la scritta DRIVE TEST: si tratta proprio dei percorsi che le Case costruttrici hanno individuato come significativi per questo tipo di misurazione.
Come è facilmente intuibile, il dato ottenuto è molto approssimativo ma lo si ritiene comunque valido per un utente medio che quotidianamente usi in modo “misto” strade di tipo diverso (urbane, extraurbane, tangenziali).
Il secondo dato lo si ottiene invece mettendo un litro di benzina nel serbatoio del veicolo e poi viaggiando finchè non si spegne per mancanza di carburante.
Per avere dati significativi, si utilizzano alcuni percorsi di tipo standardizzato ottenendo per ciascuno di essi i diversi dati di consumo.
Accade così che una stessa moto riesca a percorrere 13 km/litro in città (con frequenti fermate ai semafori e brevi accelerazioni) e 17km/litro in autostrada ai 90km orari (quinta o sesta marcia, gas costante) ma solo 10km/litro nell’uso in pista…
Queste informazioni, sempre imprecise ma certamente più attendibili di quelle ottenute con l’altro metodo, diventano fondamentali se le mettiamo in relazione alle diverse tipologie di mezzi ed al loro utilizzo più probabile.
Così, uno scooter 125cc è importante che consumi poco in città mentre una Cruiser Turismo da 1200cc deve avere una ultima marcia “lunga” e consumare poco in autostrada.
…e una supersportiva monoposto da 190 cavalli? Chissenefrega!
Saluti da GPM55
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